Questo libro non è un manuale “ Fai Da Te “.

E’ semplicemente uno strumento che migliora e riduce sensibilmente i tempi di comprensione della struttura linguistica sfruttando un principio elementare nell’ambito delle Neuroscienze, legato ai meccanismi di memorizzazione degli stimoli che provengono dall’esterno.

In parole povere, la registrazione degli stimoli nella memoria ( tutto ciò che leggiamo, vediamo, ascoltiamo ), avviene tanto più rapidamente e profondamente quanto più gli stimoli stessi sono pochi, chiari, semplici.

In sostanza, può sembrare un paragone scontato e paradossale ma non lo è affatto, è molto più facile e veloce memorizzare UN-DUE-TRE, piuttosto che un’intera pagina dell’elenco telefonico. (per questo motivo tutti i beni di consumo di massa come i detersivi vengono reclamizzati con nomi brevi e facili da ricordare).

Alla fine della lettura di questo brano, l’unica cosa certa che ricorderete con precisione anche dopo diversi minuti, sarà UN-DUE-TRE.

Questo è il Principio.

Ma per saperne di più vi consigliamo di leggere attentamente le pagine iniziali di questo libro, che è comunque consultabile gratuitamente e, eventualmente ordinabile, telefonando al numero 0541/332310 o inviando una mail a : Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

PREFAZIONE

Prima di spiegare i meccanismi delle Chiavi e delle Formule e di indicare come utilizzarle nel modo più efficace, riteniamo utile, per capire meglio i meccanismi medesimi, una breve premessa sulle caratteristiche della lingua inglese, in modo particolare nei confronti con l’Italiano. E’ noto a tutti che l’Italia è il fanalino di coda. a livello mondiale, riguardo alla conoscenza dell’Inglese.

E questo, nonostante un programma trentennale della Scuola Pubblica esteso dalle Materne all’Università, e nonostante la diffusione esagerata di metodi “ Fai da Te “ e l’abbondanza di scuole private.

Evidentemente, pur con tutta la buona volontà e l’impegno dei “Maestri“, qualcosa non ha funzionato.

Il fatto è, e lo diciamo da esperti in discipline metodologiche prima ancora che linguistiche, che l’Inglese non è una lingua come le altre. Dal punto di vista lessicale, appartenendo come la maggior partedelle lingue continentali alla famiglia degli idiomi Indoeuropei, ha delle affinità con il Tedesco, con lo Svedese ed anche con l’Italiano.

Ad esempio, nel raffronto con quest’ultima lingua, esistono centinaia di parole che hanno la stessa radice e dove cambia solo il suffisso: (da zione a tion) Solution – Interpretation – Information – Reproduction – Education – Exibition – Indication – Resolution etc.

E questo è un vantaggio, soprattutto per chi ha un minimo di intuito musicale.

Ma per il resto, per quanto riguarda la grammatica, la sintassi, la fonetica, l’elaborazione dei suoni e, soprattutto, la filosofia del linguaggio, l’Inglese è un altro Pianeta ed è lontano anni luce in modo particolare dall’Italiano.

Se, esaminando la struttura fonetica di queste due lingue potessimo visualizzarne lo spettro dei suoni, una sorta di “ Elettrofonogramma “, per intenderci, avremmo, nell’Italiano, una serie di segni ad angolo retto, di linee lunghe, quadrate, a spigolo, dai tratti chiari, nitidi, assemblati in modo geometrico. Nell’Inglese, vedremmo una serie di linee brevi, curve, sinuose, intrecciate, sfumate e assemblate in modo irregolare.

Se poi esaminiamo le parole, in Italiano sono composte in prevalenza da plurisillabi che terminano in vocale, nell’ Inglese da un’abbondanza di monosillabi che terminano in consonante.

Per non parlare della filosofia del linguaggio: scientifico, ricco di ricercatezze, magniloquente, sovrabbondante, e dalla struttura verbale complicatissima l’Italiano, al punto che parlarlo correttamente è un problema per molti.

Mentre l’Inglese è un trionfo della sintesi, del pragmatismo, del risparmio fonetico, e dell’efficacia.

Basti pensare a come gli Inglesi sono riusciti, in pratica, ad annullare le difficoltà delle coniugazioni verbali, ridotte ad unnumero irrilevante di elementi, manovrando i pronomi personali e utilizzando dei codici ausiliari tipo “Do“ – “Did“ – “Would“ – “Will“ – “Get“ etc.

Siamo quindi agli antipodi, in tutti i sensi. D’altra parte, questi due aspetti linguistici rispecchiano fedelmente la personalità delle rispettive popolazioni. Ciascuna con le proprie contraddizioni e i propri aspetti positivi e negativi.

Il problema è come conciliare, dal punto di vista linguistico, l’incontro-scontro tra due realtà così diverse e così lontane. Ecco la spiegazione del fallimento metodologico della Scuola tradizionale sta nella risposta a questo cruciale quesito.

La Scuola Pubblica si è ostinata per decenni a insegnare l’Inglese con lo stesso criterio e con lo stesso schematismo teorico con cui ha insegnato l’Italiano, il Francese o lo Spagnolo. Due dimensioni inconciliabili.

Non è possibile e non ha senso trasmettere un sistema semplice con un metodo complicato. Sarebbe come se per arrivare a Roma da Milano volessimo passare per Palermo.

Occorreva quindi, per concludere, ideare e sperimentare un sistema che si adeguasse ai contenuti ma anche alla filosofia della lingua britannica.

Cioè, rendere il più possibile semplici anche gli argomenti più complessi. Ed è questo, attraverso la ricerca, la sperimentazione e innumerevoli “ collaudi “ positivi con allievi di ogni età, che abbiamo fatto e vi proponiamo con “ Keys and Formulas “.

PREMESSA

L’obiettivo principale di questi “Quaderni“ è quello di facilitare e accelerare la comprensione di quei concetti e di quei meccanismi che costituiscono la “struttura portante“ dell’Inglese, senza i quali sarebbe impossibile un uso appropriato, moderno, non “scolastico” della lingua e, di conseguenza, una conversazione corretta e disinvolta che è, in fondo, l’aspirazione di chiunque si avventuri nello studio di quella che viene oramai considerata, da tutti, la vera ed unica “ LinguaUniversale “.

Ovviamente, in questa nostra esposizione, non sono i contenuti che cambiano, ma il modo di proporli, che segue un principio fondamentale in Psicolinguistica. Cioè, ottenere il massimo risultato, con il minimo sforzo e nel minor tempo possibile e rendere relativamente semplici anche gli argomenti più complessi.

Per far questo, dopo aver esaminato ed elaborato i dati emersi durante il lungo periodo di ricerca e di sperimentazione iniziato nei primi anni settanta, il percorso didattico e metodologico è stato articolato in due fasi.

La prima, agisce direttamente sulla lingua e consiste nella manipolazione e nella trasformazione della grammatica teorica, della sintassi e della struttura verbale in una serie di codici che noi chiamiamo, unitariamente “Chiavi“ e nel loro insieme “Formule“.

Che cosa hanno di particolare questi codici?
Rispondono in modo ottimale ai requisiti richiesti per ottenere una memorizzazione veloce ed efficace., da una parte, e si prestano ad una facile comprensione dei loro contenuti e della loro logica dall’altra.

Dopo averli resi facilmente “leggibili“, occorreva però trasmetterli con altrettanta efficacia.

E qui entra in gioco la seconda fase che consiste, appunto, in una serie di input, di stimoli, che consentono il trasferimento delle “ Chiavi “ e delle “ Formule “ nella memoria del soggetto, e, più precisamente, nell’archivio della memoria, in modo che possano essere richiamate agevolmente e utilizzate al momento opportuno.

Per stimoli, si intende elementi facilmente riconoscibili ed identificabili, attraverso, ad esempio, forme, colori, suoni che, uniti alla minima quantità, alla essenzialità, e alla sintesi logica delle “ Chiavi “ e delle “ Formule “, proposte sulla base di principi elementari di equazione matematica, rendono l’assimilazione di queste ultime praticamente immediata.

Per arrivare però ad un’effettiva e permanente registrazione degli elementi nell’archivio della memoria, occorre una programmata attività di ripetizione che va perseguita fino ad un sicuro fissaggio degli input nella mente del soggetto.

Un altro elemento indispensabile per ottenere un risultato ottimale, riguarda la dimensione psicoemotiva , altro aspetto fondamentale in Psicolinguistica. Dal momento che la noia, la demotivazione e la mancanza di entusiasmo sono ostacoli particolarmente negativi nei processi di memorizzazione, favorire un’atmosfera coinvolgente e uno stato d’animo positivo tra gli allievi, significa realizzare nel modo più completo i principi di questa disciplina.

Occorre precisare, infine, che con l’assimilazione delle Chiavi e delle Formule, non si esaurisce certamente fino in fondo il percorso linguistico.

Realisticamente, per arrivare ad un certo livello di “Fluent English”, è necessario affiancare alle attività strutturali e psicodidattiche, una costante e continua attività diallenamento pratico alla conversazione, basato essenzialmente sulla fonetica, sulla riproduzione dei suoni e sulla pronuncia.

Questo aspetto ha ben poco a che fare con la dimensione cognitiva della lingua. La sua efficacia è legata prevalentemente alla pratica costante delle due competenze primarie dell’Inglese: “Speaking and Listening“ . Espressione ed Ascolto.

Questa pratica può cominciare in Italia , ma dovrebbe successivamente essere perfezionata in Gran Bretagna presso struttureserie ed efficaci, certificate e garantite dal British Council.

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